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venerdì 23 marzo 2012

Lavoro, le favole e la realtà

Lettera di Miss Apple


E’ giovedì, marzo inoltrato, è arrivata la primavera e io rompo il mio silenzio stampa su Monti, Fornero e governo tecnico tutto, in fase di rianimazione del paese. Ora non posso piu tacere, l’ho fatto fin ora solo perchè stavo studiando, con certa ammirazione, ammetto, le gesta di questi marines arrivati a salvarci dal baratro. Io non so da dove iniziare, non ho alcun titolo per cui poter scrivere, scrivo da cittadina sconfitta da me stessa, dalla mia incapacità di essere, forse, obbiettiva e critica di fronte ad un disastro così immenso. Sono nata agiata, non ricca, ma agiata, mai mancato nulla, figlia di commercianti, infanzia ed adolescenza facile, senza intoppi economici. Poi io decido di non proseguire le cose di papà e cerco lavoro di tutt’altro genere, una professione onesta, appagante che svolgo sempre con amore, almeno credo. 


Nel frattempo mi interesso sempre, fin dall’adolescenza, dei problemi del mondo, lotte per una dignità sociale, mi sento piu a sinistra, che a destra non disdegnando le comodità che son, da sempre - e chissà perchè poi- reclamate con gran diritto, a destra, ma sempre accanto ai lavoratori, a chi suda per vivere, ho sempre visto i miei lavorare tutto il giorno, mi facevano rigare dritto, tutti dovevano contribuire al benessere della famiglia. Non voglio fare un discorso su cio’ che è stata la mia vita ma scrivo cio’ per aiutarmi a scrivere quel che seguirà. Mi piace Monti, questo è il punto. Non lo trovo infame. E’ un uomo delle banche? beato lui. beato lui che ha studiato più di me, che sa come muoversi nei meandri dell’economia mentre io sono una disgraziata che spende e spande e non risparmia (se lavorassi con lui mi segherebbe subito, articolo 18 mi farebbe una cippa...) Ma ora è il momento di metter le mani su questo nostro paese: non mi sono infastidita quando una delle tre ministre ha detto che siamo mammoni, è vero, lo siamo. o molti di noi lo sono, protetti da genitori, genitrici, -specialmente- molto avvolgenti e rassicuranti. Ho avuto la fortuna di crescere un po’ in mezzo al mondo, vivendo a Venezia ho avuto amicizie da ogni parte del mondo, siamo gli unici noi ad avere il posto fisso. Ho amici che hanno girato da un capo all’altro dell’America. Ora, non dobbiamo copiare per forza loro, vero. Ma questo è un momento di emergenza, manca il lavoro, eppure i cantieri edili sembrano sedi dell’Onu, così come le corsie degli ospedali e le cucine dei ristoranti. Non voglio fare come quel buffone che disse ai giovani di non laurearsi, tanto non serve: studiare è importante, bisogna entrare in un nuovo sistema. Quel che c’è, c’è. l’ho fatto pure io, nonostante diplomi e altro: piatti, ho lavato, e pulito case Ora sono nel settore pubblico e vedo cose che mi irritano, nonostante il cuore sia sempre a sinistra, sprechi e privilegi inutili, esattamente come nella casta politica. 


Sarebbe stato bello se Monti e amichetti avessero imposto da subito il black out su pensioni d’oro a politici, anche di piu di una legislatura. Ieri sentivo il ministro barca dire che verranno tolti i privilegi a dirigenti che vengono promossi, appositamente, poco prima della pensione per percepire piu’ soldi. E non è giusto, questo sistema deve finire, doveva finire pure il sistema delle baby pensioni, là nessuno si è ribellato, eh! nessuno si ribella a incentivi a lavoratori piuttosto che ad altri solo perchè si usa così. Quello va bene? Sto cominciando a pensare che molte cose vanno male perché nessuno ha mai voluto vedere prima e ora, ahimè, vediamo il male solo dalla parte sbagliata Chi mi ha già letta sa che adoro Maurizio Landini, è un uomo onesto che parla col cuore in mano, che urla di disperazione e che mi piacerebbe vedere lavorare accanto alla Fornero, io sono una creativa nata, ma la vedo bene così, sono due forze che insieme farebbero il bene di tutti. 


Ora mi rimane articolo 18, ma mi rimane anche la Cina, sì, la Cina. Adesso io devo capire se questo articolo 18 serve o no, a salvarci dalla Cina, perchè è questo il vero pericolo, non la Grecia, ma la Cina con l’amichetta India. Ma è tutto l'impianto che va sostituito, non c'è via di scampo, il potere oramai è in mano ai cinesi, agli indiani. L'America è oramai un ricordo di potenza economica e l'Europa non da meno, dobbiamo fare sante alleanze, per forza, qua diventiamo il nuovo terzo mondo. articolo 18 o meno. anche io, come Bersani ho avuto tentennamenti, ma resto confusa. Non vedo questi tecnici come dei corrotti, li vedo tutti in un loro mondo, hanno studiato, viaggiato, conosciuto il mondo del lavoro girando il mondo, si sono confrontati con realtà diverse dalla nostra, forse riconosceranno i nostri difetti senza magari conoscere profondamente il paese, vero. Ma non li vedo corrotti, qualcosa bisogna pur fare, loro non hanno nulla da perdere, non sono politici. loro, Loro sono una cosa chiara, il loro arrivo ha segnato il definitivo fallimento della nostra politica, al massimo torneranno a Bruxelles o Washington. Io temo di più chi resterà, basta, sennò mi incarto e vi annoio. Una sola cosa: dedico questa cosa a Peter, che da sabato non ci legge più. Ha trovato un mondo, forse, piu pacifico.

Risposta di Anna Lombroso



Dopo anni nei quali nessuno si dichiarava governativo salvo chi stava fisicamente al governo, che non trovavi uno che confessasse di essere berlusconiano nemmeno a pagarlo a peso d’oro, manco quanto Scilipoti, che al massimo trovavi al bar la mattina estimatori del premier ma solo per le sue prodezze erotiche, ecco che invece il governo più ostile al popolo degli ultimi 150 anni incontra grande e estesa popolarità.
Piace alla cosiddetta stampa indipendente quanto al giornale di Confindustria, piace a chi pensa che un po’ di misure penitenziali sono il doveroso castigo per abitudini dissipate, piace a chi si augura che credere alle profezie le costringe ad avverarsi, piace a chi preferisce la delega alle scelte e le cambiali in bianco alla responsabilità, piace alla pletora dei risentiti che pensa che la spocchiosa siderale distanza dalla massa sia una garanzia di disinteresse e dunque di onestà, piace ai militanti del partito dell’antipolitica che li elogia per aver messo in castigo i partiti.

Non farò il torto alla mia amica miss Apple di vedere in lei l’idealtipo del cittadino filo-montiano. La so in buona fede e dunque immagino che l’affidamento alle virtù taumaturgiche dei cosiddetti tecnici sia meditato e limpido e nasca da una partecipe preoccupazione per le sorti del paese. Ma credo sia dettato anche da un bel po’ di quei malintesi che sorgono quando la speranza fideistica e il pensiero magico prendono il posto della razionalità.
È che non è mica vero che sono arrivati i nostri a salvarci. Altro che patto per la salvezza tra la parodia della Thatcher e Landini: da una cinefila mi aspetto che sappia riconoscere che le ombre rosse siamo noi, ridotti a fantasmi della cittadinanza, che il governo dello stato di eccezione è sempre un governo di guerra, mossa questa volta contro i lavoratori, che il richiamo continuo alla difesa della Costituzione, allo stesso modo della difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, assomiglia sempre di più alla situazione di una guarnigione che si rinserra nel fortino, mentre l’esercito nemico è libero di devastare e saccheggiare le campagne intorno. E che chi si consegna sperando nella magnanimità non sarà risparmiato, perché proprio come una volta il conflitto è di classe e quelli che oggi sono stati incaricati di gestire l’emergenza stanno conducendo una pulizia etnica e sovranazionale contro intere popolazioni e cittadinanze così che sono riusciti a compiere quell’unità mai raggiunta dal proletariato.

E non è mica vero che sono tecnici, ormai anche il mio modesto computer si è stufato di ripeterlo: sono invece apostoli di una ideologia potente e cinica, un governo politico che corro speditamente a completare il già iniziato in una rivendicata continuità col passato, offrendo scappatoie a chi lo ha preceduti e lo condiziona, eseguendo lo sporco compito di svuotare lo Stato, minare la sovranità, togliere valore al lavoro, sostituire al bene generale l’interesse privatistico, scavalcando il sistema parlamentare a suon di decretazione. Si è vero sono stati imposti grazie a una sedicente competenza, ma sono i bramini di una religione che sta intridendo tutta la società attraverso principi e pratiche che rendono più profonde le disuguaglianze, inattaccabili i privilegi, discrezionali i diritti, augurabili i sacrifici e tollerabili i soprusi, in nome dello stato di necessità superabile solo grazie all’unico sistema di teoria economica che possa considerarsi vero e salvifico. E che è appunto quello che ci ha dannati: quello dei profeti del mercato capace di autoregolarsi, gli apologeti della deregulation, ché la licenza liberista permette alla casta contabile di perpetuare il primato rapace del profitto e l’egemonia della finanza immateriale.

E non è mica vero che sono competenti, se per competenza si definisce l’insieme di attributi efficaci nello svolgimento di un incarico. Perché allora si richiede lungimiranza, capacità di ascolto in modo da esercitare scelte oggettivamente utili, facoltà connesse alla valutazione delle conseguenze. E indipendenza dalle pressioni che alla lunga corrompono l’autonomia delle opzioni. In questo caso la competenza è sostituita dall’ubbidienza, dal conformismo rispetto a indicazioni e sollecitazioni esterne che si sono già dimostrate perniciose per altre realtà. La corruzione dell’ideologia dell’accumulazione esercita una tremenda fascinazione, si declina in vari modi così come l’avidità. La frequentazione delle dottrine che la riguardano non rende immuni specie se i remoti studi di economia si limitano all’esercizio accademico, alla produzione di corpose dispense o di celibi teorizzazioni. Altrimenti non pretenderebbero di guarirci con la malattia, quella “flessibilità” che ha devastato in vent’anni il lavoro, sradicato la coesione sociale, minato vincoli di solidarietà, impoverito lo stato sociale. Si è vero da Venezia passa tanta gente e così si apprende che altrove non hanno bisogno di posto fisso. Ma è perché di posti ce n’è, si possono seguire vocazioni e inclinazioni e il lavoro non è diventato sinonimo di miseria.

Miss Apple teme la Cina. E ha ragione, l’unica possibilità che questo Paese poteva avere per sopportare la concorrenza dei formidabili competitor risiedeva nella qualità. Ma questo governo e la sua spericolata “marchionizzazione”, l’ostile disinteresse per i valori della cultura e dell’istruzione, la predilezione per i tagli senza contromisure e per l’austerità senza crescita, la determinazione nel rendere lavoro e lavoratori merce da piazzare senza patria e senza regole, l’inclinazione a preferire grandi gruppi, grandi supermercati, grandi opere in un iniquo gigantismo ci esclude dalla competizione. Si è vero da Venezia passa tanta gente e così si apprende che altrove non hanno bisogno di posto fisso. Ma è perché di posti ce n’è, si possono seguire vocazioni e inclinazioni e il lavoro non è diventato sinonimo di miseria. Il presidente del consiglio si accinge a un viaggio in Oriente col bottino poco appetibile di un Paese allo stremo impoverito di sovranità, diritti, creatività, immaginazione e preparazione, dove l’industria che dovrebbe rappresentarci è ridotta a fabbrica cacciavite che lavora per gli altri, dove le piccole e medie imprese annaspano tiranneggiate dalle banche, dove si penalizzano i lavoratori e i pensionati, ma si risparmiano i piccoli e grandi corruttori e gli evasori, abituati quelli si ai grandi viaggi. Pare sia l’ultimo cosmopolitismo concesso e auspicato. Prima che si ricominci a viaggiare con la valigia di cartone a cercare fortuna, proprio noi che la stiamo negando a chi arriva qui e al nostro futuro.





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