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domenica 5 febbraio 2012

L'incredibile guerra di mummie


di Margherita Nikolaevna

Questa è una storia di morti che sembrano vivi, di vivi che studiano i morti, di beni culturali in degrado e di parenti tardivi, di scienza e di coscienza. Il giudice che dovrebbe dipanarla si chiama profeticamente Matassa. Siamo nelle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, uno dei cimiteri più famosi del mondo: migliaia di cadaveri esposti, vestiti di tutto punto, in piedi, seduti o affacciati ai balconi, divisi per famiglia, per sesso e per categoria sociale (perché anche la morte è classista). La signora con la falce non risparmia nessuno: prelati, frati e monache, borghesi, spose mancate col loro abito bianco, vecchi e giovani. Gli addobbi, i gesti cristallizzati, le pose sono gli stessi dei vivi, angosciosi nella loro atroce normalità.

Una sola mummia sembra però sfuggita quasi per magia alla polverizzazione della carne: è una bimba di due anni, bionda e bellissima, che dorme in una bara di vetro dal 1920. È Rosalia Lombardo: il capolavoro del maestro Alfredo Salafia, che tentò di lenire il dolore dei genitori sottraendo la piccola allo sfregio del nulla. Una “consuetudine gentile” - così amava definirla - dell’imbalsamatore palermitano, noto anche per i suoi interventi sulla salma di Francesco Crispi.

Qualche anno fa un giovane antropologo siciliano, Dario Piombino-Mascali, ha effettuato studi sulla conservazione dei corpi nelle Catacombe dei Cappuccini, concentrandosi su Rosalia Lombardo e scoprendo la formula segreta di Alfredo Salafia. La ricerca ha assunto presto respiro internazionale: l’EURAC di Bolzano ha nominato Piombino-Mascali coordinatore del progetto “Mummie siciliane”, seguito dalla National Geographic Society. Nel 2010 l’antropologo è diventato conservatore scientifico delle Catacombe, dopo studi attenti del corpo della bambina volti a contrastarne i primi segni di degrado. Ora la mummia riposa dentro una teca hi-tech satura di azoto per prevenire ogni accenno di decomposizione.

Ma la mummia è l’unica a riposare. Dopo novant’anni dalla morte, la sorella ottantaseienne di Rosalia Lombardo sporge una complicata denuncia per danneggiamento, diffamazione e truffa, affermando che la spoglia della bambina è stata rovinata dagli interventi di restauro: avrebbe perso la sua aura di vita assomigliando a una morta, il viso scurito e deperito. Seguendo una tendenza nazionale piuttosto diffusa, a raccogliere l’eredità della mummia si presenta anche una sedicente nipote, che si dilegua immediatamente al momento di esibire i documenti. Si rivendicano affiliazioni e parentele postume insieme ai diritti sullo sfruttamento commerciale dell’immagine di Rosalia, intesa un po’ come appendice parentale, un po’ come souvenir.

Gaetano Gullo, soprintendente ai beni culturali del Comune di Palermo, stronca la polemica ribadendo la regolarità e l’assoluta necessità degli interventi conservativi sul corpo della piccola, lanciandosi poi in una reprimenda che sarebbe piaciuta a Sciascia: se il giudice dovesse affermare l’esistenza di diritti familiari sulle spoglie, sarà il Comune a irrogare sanzioni contro l’incuria dei parenti, incapaci di salvaguardare un morto dai morsi del tempo e dalla rapacità dei vivi. Nel frattempo il Gip Lorenzo Matassa sta valutando se accogliere l’opposizione della famiglia Lombardo alla richiesta di archiviazione della vicenda: la guerra della mummia non si estingue.

Palermo è una città in cui la differenza tra vivi e morti resta, per taluni aspetti, trascurabile: fino a pochi mesi fa ben undicimila defunti erano intestatari di pass per auto ed è lecito ritenere che il loro corpo non si fosse conservato bene come le dettagliate autorizzazioni al parcheggio. È una città di morti eccellenti, di morti ingombranti, di morti tenaci, di morti conservati e di morti nascosti, di morti senza giustizia e dimenticati. I morti delle Catacombe, che si disgregano lentamente, non potranno essere conservati a lungo in assenza di nuovi, coraggiosi interventi di restauro come quello praticato su Rosalia. È paradossale ma plausibile pensare che d’ora in poi potranno essere restaurate solo mummie senza parenti viventi.

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