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domenica 8 gennaio 2012

Rivolta ungherese, silenzio europeo


di Agi Berta

1000 dentro, 100000 fuori. Ma le televisioni non hanno trasmesso nulla sulla più grande manifestazione dopo il ’56 in Ungheria. E’ un paradosso: ho avvisato io dall’Italia molti miei amici, alcuni dei quali pur vivendo a Budapest e non ne sapevano niente!  La tv nazionale si è giustificata il giorno dopo quando il mondo intero trasmetteva foto, interviste della straordinaria folla scesa in piazza, con pretesti  assurdi e incredibili: abbiamo fatto tardi, non siamo riusciti a trovare un posto buono per le riprese, cosi abbiamo ripreso solo alcuni poliziotti e un paio di persone. 

I politici che festeggiavano la nuova costituzione hanno  lasciato il teatro dell’Opera dove si svolgeva la serata di gala dall’uscita posteriore. E’ indicativa la dichiarazione del capo dello stato, Schmitt (un ottimo sportivo, ma per il resto un perfetto ebete, creatura di Orban), dopo la serata di gala: “Tutti gli ungheresi veri stanno festeggiando con noi! “… e poi anche lui, è uscito dalla porta di dietro. 

Questa ì l’Ungheria di oggi, quella dominata dalla destra. E dalla sua vittoria nel 2010 che cerco di attirare l’attenzione sull’Ungheria, purtroppo con scarsi risultati, perché le mie segnalazioni  erano di  ordine politico: il rinascente nazionalismo e lo sciovinismo imperniato sull’idea di restaurazione della “grande Ungheria” cui primo passo è stato l’estensione del diritto di voto ai cittadini romeni, slovacchi  di etnia ungherese. Su questo terreno si è innestata la  politica antirom senza nessuna voglia di integrazione, la rinascita virulenta dell’ antisemitismo, l’uso strumentale della destra neonazista frenata a parole, ma liberata nei fatti  tanto che tutte le sue proposte sono state accolte.

Così  la nuova costituzione è basata su pilastri che già abbiamo conosciuto nel 1933: dio patria , famiglia (la protezione del feto dal momento del concepimento!). Non solo, ma anche sull'imbavagliamento della stampa grazie a una legge liberticida che ha portato al licenziamento di circa 8-900 lavoratori dei media ,prevalentemente quelli che non appoggiavano la linea del governo. Destino peraltro riservato anche ai dipendenti  degli enti statali, comunali o regionali, se non erano d’accordo col governo: molti miei amici sono stati licenziati entro luglio 2011. Dopo questa  data hanno dovuto frenare i licenziamenti perché c’è stata una seppur blanda reazione sindacale collettiva. E tuttavia la paura è diffusa nel Paese, tanto che molte persone licenziate nemmeno osavano chiedere protezione sindacale perché temevano che non avrebbero trovato mai più un lavoro se venivano considerati “ poco affidabili, non sufficientemente servi”.

 Del resto fare opposizione anche nello stesso Parlamento è diventato difficile: nuove norme  prevedono l’impossibilità di dibattito nel caso di leggi “urgenti”. Cosi il 23 dicembre il parlamento ha emesso  17 leggi in un solo giorno, senza alcun dibattito. E il 2 e 3 gennaio altre 7. L’opposizione è totalmente paralizzata, e quando alcuni deputati hanno protestato, sono stati semplicemente arrestati…e rilasciati poche ore dopo.
Ultimo atto: la chiusura del Klubradio, l’unica stazione radiofonica libera del paese. 

La situazione è tale che forse è resa meglio da una piccola notazione personale:  l'altro ieri c’era una conferenza stampa al Parlamento dopo una tavola rotonda tra vari ministri e il direttore della banca centrale. Ebbene al telefono avevano negato semplicemente l’esistenza di questa conferenza cui avevano accesso solo i giornalisti delle testate di destra che a loro volta avevano scritto articoli mielosi e lecchini, tralasciando un solo particolare: il direttore della banca centrale aveva lasciato la riunione dopo un’ora, incavolato nero.

E veniamo così alla crisi e alla piazza. Finché i problemi erano di ordine politico nessuno se ne fregava. Non la UE, non i media internazionali, tranne forse gli americani che a più riprese avevano cercato richiamare l’Ungheria al rispetto dei  valori democratici. Invano. Come è passato sotto silenzio l’accorato appello della Heller sul sostegno dei media.(qui il colloquio di Agi Berta con la Heller del settembre scorso)  Infatti la gente in Ungheria ignora cosa stia accadendo. Ignora: solo pochi leggono la stampa e i pochi giornali ancora indipendenti (HTV, Nepszabadsag, 168 ora),  il resto si affida ai tg, alla radio dove perfino oggi trasmettono notizie tranqullizzanti, proclami all’unità nazionale, e messaggi subdoli circa il sentimento anti magiaro del mondo. E la gente ci crede.
Ma una politica autarchica, una politica miope prima o poi si fa sentire anche al livello economico ed eccoci a due declassamenti (il terzo quello di Finch è di ieri) che considerano l’Ungheria un Paese spazzatura, dove gli investimenti sono sconsigliati.

In contemporanea  è iniziata un’ azione dalla base, dai sindacati, dalle associazioni civili. La grande manifestazione del 2 gennaio è il risultato di questa organizzazione svolta prevalentemente sul web. Chissà che non cominci il momento del riscatto.

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