7555a9d03dfe41c98f85ac913f34049d

Cerca nel blog

mercoledì 19 ottobre 2011

L'Arena del diavolo


di Anna Lombroso

Troppo facile dire che è colpa del Sindaco Tosi, peraltro inviso perfino al suo partito. Ma pare che Verona abbia il primato del numero degli esorcisti, necessari, secondo il più autorevole di loro, don Gino Oliosi, rettore di Santa Toscana e amico di don Luigi Giussani, per portare assistenza e aiuto a indemoniati e timorosi del maligno che proprio a Verona sembrano essere numerosi e in continua crescita. Pare che i cittadini veronesi, a detta della Curia, siano particolarmente esposti alla soggezione al demonio o a temerne il dominio.

Certo la paura circola in questo secolo minaccia di essere ancora più breve e carico di fermenti del precedente. Paura che all’inquietudine si aggiungano orrende mostruosità già sperimentate di quelle che la storia senza sorprese ci ripropone. La recessione ha coinvolto le economie nazionali si sta diffondendo come un virus e ha come vettore i flussi del capitale finanziario. Se è impossibile prevedere le coordinate della diffusione del «contagio», è invece accertato l’aumento dell’incertezza e della precarietà, che a loro volta alimentano la paura, il sentimento dominante nelle società capitaliste da quando il neoliberismo ha preso il posto del welfare state e si guarda al futuro come a un precipizio oscuro e non come a una promessa.
Se il Leviatano era che il necessario mostro posto a guardia del vivere in società, lo stato sociale doveva porre la società al riparo delle tendenze distruttive dell’economia di mercato. La pace alla fine della seconda guerra mondiale doveva segnare per il pingue Occiente il periodo in cui la paura viene «addomesticata», attraverso una relativa stabilità del lavoro, la possibilità di accedere a un servizio sanitario nazionale, e affrontare l’«autunno» della propria vita con relativa tranquillità grazie alla pensione programmando ragionevolmente il proprio domani. E doveva intervenire allorché impreviste contingenze - un terremoto, un’inondazione o altri disastri dovuti alle manipolazioni aberranti dell’uomo sulla natura potessero essere affrontate. Ultimamente sismi catastrofi nucleari in una sinistra coincidenza con l’erosione dello stato sociale e con l’impoverimento della coesione e della solidarietà, hanno scatenato i mostri dentro di noi, gli spettri della paura, dell’insicurezza, la dimensione effimera e pericolante della nostra esistenza, svelando tabu e evocando minacce e pericoli ancestrali.

La paura delle società opulente con la conseguente paralisi del «fare» è la mancanza di previsione sia che si tratti della perdita del lavoro che quella di una persona cara; o la corrosione dei privilegi, quando il fragile equilibrio conquistato o ereditato è messo a rischio dall’irruzione sorprendente di elementi o soggetti estranei, gli «stranieri», una presenza percepita come aliena e nemica; o l’inadeguatezza a fronteggiare gli effetti dell’azione umana sulla natura, che torna a mostrare il suo volto ferigno. Ma soprattutto la paura di aver paura con tutto il sinistro dizionario di voci, la tassonomia di sentimenti che si accompagnano ad essa: disincanto, cinismo, opportunismo, viltà, accidia e rancore.

La vita è ormai diventata una lotta, lunga e probabilmente impossibile da vincere, contro l’impatto potenzialmente invalidante delle paure, e contro i pericoli, veri o presunti, che temiamo e che riflettono le diseguaglianze sociali e di classe presenti nelle società. Le strategie di contenimento della paura si declinano a seconda dei livelli di reddito che seguono rigorose differenze di classe, e che alimentano a loro volta un’altra paura, quella di essere esclusi. Provocando un terrore sordo, quello generato dalla possibile e ignota minaccia al proprio stato di incolumità personale, che spiega il successo di messaggi lanciati dai movimenti politici su base religiosa o di quelli xenofobi e razzisti e che favorisce misure prescrittive, la subdola e accettata cancellazione dei diritti sociali della cittadinanza, ritenendo invece la protezione di fronte all’economia di mercato un fatto privato.

In una società che lascia uno spazio sempre più esteso a sistemi di controllo sociale, la paura è privatizzata. Mentre vengono demolite uno dopo l’altra le istituzioni del welfare state, gli strumenti per difendersi dall’incertezza e dalla precarietà vanno acquistati al mercato della protezione individuale: muri, chiodi acuminati che segnano i confini, tecnologie di sorveglianza mirate all’esclusione e alla relativa tranquillizzante reclusione, giochi di telecamere e nel quale il cittadino si perde nel suo isolamento, come in un labirinto di specchi che riflettono l’immagine di un uomo solo di fronte a se stesso.
E può darsi che sia per paura dei suoi demoni che preferisca il meno immateriale belzebù col il suo lezzo di zolfo, lo zoccolo caprino e quella coda che si mette dove non deve. Non sono bastate a esorcizzare i timori i respingimenti del sindaco, le panchine “dedicate” per escludere i diversi, le paccottiglie della pretesa superiorità. I veronesi si abbandonano alla più ancestrale e arcaica delle paure. A una possessione virtuale più terragna e primitiva di quella delle tarantate che tanto ha incantato da Levy Bruhl a Baladier da De Martino a Foucault, perché è la rappresentazione anzi l’agnizione dei nostri moderni dolori, del disagio della mente attraverso il corpo, lo sconfinamento dei veleni simbolici nei veleni inoculati.

Ecco non voglio dire che gli indemoniati di Verona siano necessariamente leghisti, ma certo rappresentano un altro aspetto dell’anomalia italiana se è vero che come dice Gabriele Amorth, il più celebre dei "ministri della consolazione", "in Germania, Svizzera, Austria e Portogallo non esistono gli esorcisti". Mentre a Verona c’è bisogno che esercitino la loro missione ben 13, molto richiesti per porre rimedio alle possessioni diaboliche o a altri disturbi di origine malefica. “Può trattarsi di semplice permissione di Dio, secondo Amorth, o la causa può essere data da un maleficio che si subisce: fattura, maledizione, malocchio. Si può cadere in mali malefici per il persistere di colpe gravi e multiple. E si espone al rischio di influenze malefiche o di possessione chi si rivolge a maghi, cartomanti, stregoni”. Ecco se è così tutto si tiene. C’è una spiegazione scientifica del maligno sortilegio che ha “incantato” il dolce territorio veronese. Si, serve proprio un bravo esorcista per liberarlo dal diavolo fuori e dentro di sé. E dai suoi stregoni.

Nessun commento:

Posta un commento